Consulenza del Lavoro

lunedì 23 febbraio 2015

LE SPINE DEL JOBS ACT

Il Jobs Act, dopo l’emanazione della legge delega n. 183/2014, si arricchisce del decreto legislativo sul contratto a tutele crescenti licenziato il 20/02/2015 dal Governo che dovrebbe entrare in vigore il 01 marzo 2015 (prevista pubblicazione G.U. entro il 28/02/15). L’ambito di applicazione delle nuove regole, che modificano sostanzialmente l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori riguarda i nuovi contratti a tempo indeterminato, a cui si aggiungono i contratti a termine e i contratti di apprendistato trasformati a tempo indeterminato i primi e confermati dopo il periodo di formazione i secondi, nel caso in cui tali modifiche avvengano dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in poi.  Inoltre viene previsto un ulteriore allargamento della platea dei contratti regolati dalle nuove norme, poiché saranno regolati dal nuovo regime anche i contratti a tempo indeterminato stipulati in precedenza in quelle aziende in cui si supererà il numero dei 15 dipendenti  in data successiva all’entrata in vigore del nuovo decreto sui contratti a tutele crescenti. Tali nuove tutele, per i licenziamenti economici, si sostanziano nell’esclusione della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, e l’istituzione di un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato. Il Consiglio dei Ministri, varando questo nuovo decreto, non si è attenuto all’appello formulato dall’apposita commissione parlamentare che invitava il Governo ad escludere i licenziamenti collettivi dall’applicazione delle nuove norme, confermando la tendenza decisionista già dimostrata per l’approvazione delle riforme costituzionali in concomitanza dell’abbandono del Parlamento da parte delle forze di opposizione. Insomma la maggiore facilità con cui i Datori di lavoro potranno effettuare i licenziamenti, vista l’eliminazione del rischio della reintegrazione nel posto di lavoro da parte del giudice nei casi sopra indicati, con una cospicua riduzione dell’eventuale indennità economica su cui non andranno nemmeno calcolati i contributi previdenziali, concede alle aziende una forza muscolare notevole nell’ambito del rapporto di lavoro con i propri dipendenti. Tale forza viene aumentata anche da un altro provvedimento legato al Jobs Act e relativo alla disciplina delle mansioni, anch’esso di prossima entrata in vigore, in cui si prevede (stando al testo dello schema di decreto legislativo) che in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, mantenendo la retribuzione corrispondente al livello precedente. La portata di quest’ultima novità non va sottovalutata perché da una parte aumenta la flessibilità in azienda, ma per come è strutturata si presta ad un utilizzo distorto che potrà sconfinare in molti casi in operazioni di mobbing con ricadute negative nel clima aziendale. E’ del tutto evidente che la forza contrattuale dei lavoratori dipendenti sarà ridotta d’ora in poi dalla combinazione di tutte queste norme e i modi in cui esse sono state emanate, senza concertazione con i sindacati e incuranza delle indicazioni parlamentari in sede consultiva, prefigurano un possibile aumento della conflittualità all’interno delle aziende e più in generale nel Paese. Come esempio di questo clima vi mostriamo questa intervista al Segretario Generale della CGIL Susanna Camusso.
Di diverso avviso il Presidente nazionale di CONFINDUSTRIA Giorgio Squinzi.
Sono queste le “spine” del Jobs Act, una lacerazione nel mondo del lavoro che potrebbe generare guasti già dai prossimi rinnovi dei contratti collettivi di lavoro. Le norme fondamentali che regolano i rapporti di lavoro sono sempre il frutto di una visione generale dei rapporti economici di un Paese e quindi rivestono un’importanza enorme per tutti, e soprattutto per le nuove generazioni a cui lasciamo in eredità un certo tipo di impianto delle relazioni industriali piuttosto che un altro. Verso quale tipo di organizzazione del lavoro viaggia il Jobs Act? Volendo semplificare il nostro discorso possiamo immaginare un incrocio a due vie: una porta verso una organizzazione del lavoro di tipo Olivetti, e vi presentiamo qui di seguito il video di un convegno sulla memoria dell’idea di fabbrica cara al suo fondatore Adriano.

L’altra via porta verso un’organizzazione d’impresa del tipo Foxconn, resa famosa dai numerosi suicidi dei suoi operai oltre che per la costruzione di prodotti elettronici.
Ovviamente ci sono strade intermedie rispetto a questi due esempi. A tutti noi il compito di lavorare, ognuno con le proprie competenze e il proprio ruolo, alla costruzione di un mondo del lavoro in cui ci sia il giusto posto per l’efficienza, la qualità, la condivisione, la dignità, il rispetto. Buon lavoro a tutti.


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