Il Jobs Act, dopo l’emanazione della legge delega n. 183/2014,
si arricchisce del decreto legislativo sul contratto a tutele crescenti licenziato
il 20/02/2015 dal Governo che dovrebbe entrare in vigore il 01 marzo 2015
(prevista pubblicazione G.U. entro il 28/02/15). L’ambito di applicazione delle
nuove regole, che modificano sostanzialmente l’art.18 dello Statuto dei
Lavoratori riguarda i nuovi contratti a tempo indeterminato, a cui si
aggiungono i contratti a termine e i contratti di apprendistato trasformati a
tempo indeterminato i primi e confermati dopo il periodo di formazione i
secondi, nel caso in cui tali modifiche avvengano dalla data di entrata in
vigore del decreto legislativo in poi.
Inoltre viene previsto un ulteriore allargamento della platea dei
contratti regolati dalle nuove norme, poiché saranno regolati dal nuovo regime
anche i contratti a tempo indeterminato stipulati in precedenza in quelle aziende
in cui si supererà il numero dei 15 dipendenti
in data successiva all’entrata in vigore del nuovo decreto sui contratti
a tutele crescenti. Tali nuove tutele, per i licenziamenti economici, si
sostanziano nell’esclusione della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro,
e l’istituzione di un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di
servizio limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e
discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare
ingiustificato. Il Consiglio dei Ministri, varando questo nuovo decreto, non si
è attenuto all’appello formulato dall’apposita commissione parlamentare che
invitava il Governo ad escludere i licenziamenti collettivi dall’applicazione
delle nuove norme, confermando la tendenza decisionista già dimostrata per
l’approvazione delle riforme costituzionali in concomitanza dell’abbandono del
Parlamento da parte delle forze di opposizione. Insomma la maggiore facilità
con cui i Datori di lavoro potranno effettuare i licenziamenti, vista l’eliminazione
del rischio della reintegrazione nel posto di lavoro da parte del giudice nei
casi sopra indicati, con una cospicua riduzione dell’eventuale indennità
economica su cui non andranno nemmeno calcolati i contributi previdenziali,
concede alle aziende una forza muscolare notevole nell’ambito del rapporto di
lavoro con i propri dipendenti. Tale forza viene aumentata anche da un altro
provvedimento legato al Jobs Act e relativo alla disciplina delle mansioni,
anch’esso di prossima entrata in vigore, in cui si prevede (stando al testo
dello schema di decreto legislativo) che in caso di modifica degli assetti
organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso
può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento
inferiore, mantenendo la retribuzione corrispondente al livello precedente. La
portata di quest’ultima novità non va sottovalutata perché da una parte aumenta
la flessibilità in azienda, ma per come è strutturata si presta ad un utilizzo
distorto che potrà sconfinare in molti casi in operazioni di mobbing con
ricadute negative nel clima aziendale. E’ del tutto
evidente che la forza contrattuale dei lavoratori dipendenti sarà ridotta d’ora
in poi dalla combinazione di tutte queste norme e i modi in cui esse sono state
emanate, senza concertazione con i sindacati e incuranza delle indicazioni
parlamentari in sede consultiva, prefigurano un possibile aumento della
conflittualità all’interno delle aziende e più in generale nel Paese. Come
esempio di questo clima vi mostriamo questa intervista al Segretario Generale
della CGIL Susanna Camusso.
Di diverso avviso il Presidente nazionale di CONFINDUSTRIA Giorgio
Squinzi.
Sono queste le “spine” del Jobs Act, una lacerazione nel mondo
del lavoro che potrebbe generare guasti già dai prossimi rinnovi dei contratti
collettivi di lavoro. Le norme fondamentali che regolano i rapporti di lavoro
sono sempre il frutto di una visione generale dei rapporti economici di un
Paese e quindi rivestono un’importanza enorme per tutti, e soprattutto per le
nuove generazioni a cui lasciamo in eredità un certo tipo di impianto delle
relazioni industriali piuttosto che un altro. Verso quale tipo di
organizzazione del lavoro viaggia il Jobs Act? Volendo semplificare il nostro
discorso possiamo immaginare un incrocio a due vie: una porta verso una
organizzazione del lavoro di tipo Olivetti, e vi presentiamo qui di seguito il
video di un convegno sulla memoria dell’idea di fabbrica cara al suo fondatore
Adriano.
L’altra via porta verso un’organizzazione d’impresa del tipo
Foxconn, resa famosa dai numerosi suicidi dei suoi operai oltre che per la
costruzione di prodotti elettronici.
Ovviamente ci sono strade intermedie rispetto a questi due esempi. A tutti noi il compito di lavorare, ognuno con le proprie
competenze e il proprio ruolo, alla costruzione di un mondo del lavoro in cui
ci sia il giusto posto per l’efficienza, la qualità, la condivisione, la
dignità, il rispetto. Buon lavoro a tutti.
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